Trombofilia Ereditaria

Le trombofilie ereditarie (predisposizione genetica alla trombosi) sono un gruppo di patologie caratterizzate dalla tendenza a soffrire di episodi trombotici. Oggi grazie alle più moderne e sofisticate tecniche di biologia molecolare e sequenziamento genico è possibile evidenziare alterazioni geniche correlate con patologie ereditarie in modo da migliorare la gestione clinica del paziente.

Si ha un evento trombotico, venoso o arterioso, quando il sangue (anche in piccole quantità) si coagula all’interno di un vaso sanguigno, aderisce alla sua parete e lo ostruisce in maniera parziale o completa, impedendo il flusso del sangue. Il coagulo prende il nome di trombo. Nella maggior parte dei casi si tratta di difetti o alterazioni di uno o più fattori della coagulazione del sangue. La coagulazione è un processo molto complesso che prevede l’intervento in successione di molti fattori (proteine) diversi.

Mutazioni in geni codificanti per i fattori della coagulazione può costituire un fattore di rischio per donne in gravidanza.

I geni, oggi noti, di suscettibilità alla trombosi sono delle varianti geniche (mutazioni puntiformi ad un singolo nucleotide) che presentano una tale frequenza nella popolazione da essere considerate delle varianti polimorfiche.

I geni in considerazione sono quelli relativi al Fattore V di Leiden, al Fattore II della coagulazione (protrombina) ed il gene MTHFR (Metilentetraidrofolatoreduttasi). Altri geni sono stati associati a stati trombotici, tra i quali: Fattore XIII, Beta Fibrinogeno, PAI-1, HPA, HFE, APO E, ACE, AGT.

Presso il nostro Laboratorio è possibile eseguire gli esami singolarmente o in pannelli specifici completi. Di seguito l’elenco dei test eseguibili:

La metilentetraidrofolatoreduttasi (MTHFR) è un enzima coinvolto nella trasformazione del 5,10-metilentetraidrofolato in 5-metiltetraidrofolato che serve come donatore di metili per la rimetilazione della omocisteina a metionina tramite l'intervento della vitamina B12. Rare mutazioni (trasmesse con modalità autosomica recessiva) possono causare la deficienza grave di MTHFR con attività enzimatica inferiore al 20% e comparsa di omocisteinemia ed omocistinuria e bassi livelli plasmatici di acido folico. La sintomatologia clinica è grave con ritardo dello sviluppo psico-motorio e massivi fenomeni trombotici.
Accanto alla deficienza grave di MTHFR è stato identificato un polimorfismo genetico comune, dovuto alla sostituzione di una C (citosina) in T (timina) al nucleotide 677 (C677T), che causa una sostituzione di una alanina in valina nella proteina finale ed una riduzione dell'attività enzimatica della MTHFR pari al 50% ,fino al 30% in condizioni di esposizione al calore (variante termolabile). Tale variante comporta livelli elevati nel sangue di omocisteina specie dopo carico orale di metionina. La frequenza genica in Europa della mutazione è del 3-3,7% che comporta una condizione di eterozigosi in circa il 42-46% della popolazione e di omozigosi pari al 12-13%.

Recentemente, una seconda mutazione del gene MTHFR (A1298C) è stata associata ad una ridotta attività enzimatica (circa il 60% singolarmente; circa il 40% se presente in associazione alla mutazione C677T). Questa mutazione, in pazienti portatori della mutazione C677T, determina un aumento dei livelli ematici di omocisteina.
Livelli aumentati di omocisteina nel sangue sono oggi considerati fattore di rischio per malattia vascolare (trombosi arteriosa), forse attraverso un meccanismo mediato dai gruppi sulfidrilici sulla parete endoteliale dei vasi. Inoltre in condizioni di carenza alimentare di acido folico la variante termolabile della MTHFR porta a livelli molto bassi l'acido folico nel plasma ed è pertanto un fattore di rischio per i difetti del tubo neurale nelle donne in gravidanza. Condizioni di eterozigosi doppia, specie con la variante Leiden del fattore V o della variante 20210 della protrombina, possono aumentare il rischio relativo per il tromboembolismo venoso, già alto per la presenza dell'altra variante.
L'analisi di mutazione del gene MTHFR per la ricerca delle varianti geniche viene condotta operando inizialmente una reazione enzimatica di amplificazione del DNA, conosciuta come Polymerase Chain Reaction (PCR), che consente di amplificare in vitro una specifica regione della molecola, copiandola in varie fasi successive, fino ad ottenerne milioni di copie. In tale maniera viene amplificata la regione specifica del gene MTHFR; successivamente il prodotto di PCR così ottenuto viene sottoposto ad analisi di sequenza automatizzata mediante l'impiego di un sequenziatore automatico a tecnologia fluorescente (ABI PRISM 310 Genetic Analyzer). L'analisi di mutazione della regione specifica del gene MTHFR viene effettuata mediante analisi comparativa tra la sequenza ottenuta per il campione in esame e la sequenza normale del gene depositata nel database internazionale GeneBank).

Il fattore V attivato è un cofattore essenziale per l'attivazione della protrombina (fattore II) a trombina. Il suo effetto pro-coagulante è normalmente inibito dalla Proteina C attivata che taglia il fattore V attivato in tre parti. Un sito di taglio è localizzato nell'aminoacido arginina alla posizione 506. Una mutazione del gene che codifica per il fattore V, a livello della tripletta nucleotidica che codifica per l'arginina in 506, con sostituzione di una G (guanina) con una A (adenina), comporta la sostituzione dell'arginina con un altro aminoacido, la glutammina che impedisce il taglio da parte della Proteina C attivata. Ne consegue una resistenza alla proteina C attivata (APC) nei test di laboratorio ed una maggiore attività pro-coagulante del fattore V attivato che predispone alla trombosi. Tale variante G1691A è definita variante di Leiden (località in cui fu scoperta), ed ha una frequenza genica dell’1,4-4,2% in Europa con una frequenza di portatori in eterozigosi in Italia pari al 2-3%, mentre l’omozigosità per tale mutazione ha un’incidenza di 1:5000.

I soggetti eterozigoti hanno un rischio 8 volte superiore di sviluppare una trombosi venosa, mentre gli omozigoti hanno un rischio pari ad 80 volte. Tale evento trombotico è favorito in presenza di altre condizioni predisponenti quali la gravidanza, l'assunzione di contraccettivi orali (rischio aumentato di 30 volte negli eterozigoti e di alcune centinaia negli omozigoti), gli interventi chirurgici. In gravidanza una condizione genetica di eterozigosi per il Fattore Leiden è considerata predisponente all'aborto spontaneo, alla eclampsia, ai difetti placentari, alla Sindrome HELLP (emolisi, elevazione enzimi epatici, piastrinopenia).
Tali manifestazioni sarebbero legate a trombosi delle arterie spirali uterine con conseguente inadeguata perfusione placentare. I soggetti portatori di mutazione del Fattore V di Leiden dovrebbero pertanto sottoporsi a profilassi anticoagulativa in corso di gravidanza o in funzione di interventi chirurgici ed evitare l'assunzione di contraccettivi orali.

La diagnosi della Trombofilia Fattore V di Leiden viene eseguita mediante analisi di mutazione del DNA. L’analisi di mutazione del DNA viene condotta isolando dalle cellule del campione biologico in esame il DNA. Dopo avere amplificato il gene del fattore V (F5) mediante una reazione enzimatica di amplificazione del DNA conosciuta come Polymerase Chain Reaction (PCR), che consente di amplificare in vitro una specifica regione della molecola, copiandola in varie fasi successive, fino ad ottenerne milioni di copie, si effettua l'analisi di sequenza di tale regione mediante l'impiego di un sequenziatore automatico a tecnologia fluorescente (ABI PRISM 310 Genetic Analyzer). L'analisi di sequenza è da considerarsi il miglior metodo di indagine genetica poiché permette di identificare mutazioni che non sono evidenziabili con altre metodiche. La fase successiva consiste, nell'effettuare l'esame comparativo tra il campione in esame ed un campione di controllo normale (wilde type) al fine di evidenziare la presenza di eventuali mutazioni.

La protrombina o fattore II della coagulazione svolge un ruolo fondamentale nella cascata coagulativa in quanto la sua attivazione in trombina porta alla trasformazione del fibrinogeno in fibrina e quindi alla formazione del coagulo. E' stata descritta una variante genetica comune nella regione non trascritta al 3' del gene che è associata ad elevati livelli di protrombina funzionale nel plasma e conseguente aumentato rischio di trombosi, specie di tipo venosa. Trattasi di una sostituzione di una G (guanina) con una A (adenina) alla posizione 20210(G20210A), una regione non trascritta del gene dalla parte del 3' che è sicuramente coinvolta nella regolazione genica post-trascrizionale, quale la stabilità dell'RNA messaggero o con una maggiore efficienza di trascrizione del messaggero stesso.
La frequenza genica della variante è bassa (1,0-1,5%) con una percentuale di eterozigoti del 2-3%. L'omozigosi è rara. Per gli eterozigoti c'è un rischio aumentato di 3 volte di sviluppare una trombosi venosa, di 5 volte per l'ictus ischemico, di 5 volte per infarto miocardico in donne giovani, di 1,5 volte per gli uomini, di 7 volte nei diabetici, di 10 volte per trombosi delle vene cerebrali e di 149 volte in donne che assumono contraccettivi orali.

L'analisi di mutazione del gene del Fattore II della coagulazione per la ricerca della variante G20210A viene condotta operando inizialmente una reazione enzimatica di amplificazione del DNA, conosciuta come Polymerase Chain Reaction (PCR), che consente di amplificare in vitro una specifica regione della molecola, copiandola in varie fasi successive, fino ad ottenerne milioni di copie.
In tale maniera viene amplificata la una regione specifica all'estremità 3' del gene del Fattore II; successivamente il prodotto di PCR così ottenuto viene sottoposto ad analisi di sequenza automatizzata mediante l'impiego di un sequenziatore automatico a tecnologia fluorescente (ABI PRISM 310 Genetic Analyzer). L'analisi di mutazione della regione specifica del gene del Fattore II viene effettuata mediante analisi comparativa tra la sequenza ottenuta per il campione in esame e la sequenza normale del gene depositata nel database internazionale GeneBank).

F2 Protrombina G20210A, F5 Leiden G1691A/R506Q, MTHFR A1298C, MTHFR C677T, PAI-1 1 bp Del/Ins 4G/5G

I fenomeni di abortività in gravidanza sono purtroppo eventi non rari. Mentre le alterazioni ormonali, immunitarie, uterine e cromosomiche rientrano ormai come possibili cause di aborti ripetuti, recenti studi si orientano verso una nuova direzione: la genetica dei fattori della coagulazione del sangue. Le donne sofferenti di trombofilia ereditaria, eccessiva coagulazione causata da un'anomalia genetica, sono infatti la categoria più a rischio di aborto in utero a gravidanza avanzata. Nella maggior parte dei casi la morte del feto è causata da alterazioni geniche di uno o più fattori della coagulazione del sangue che determinano l'instaurarsi di una trombosi placentare, caratterizzata da una ostruzione dei vasi sanguigni placentari. I geni, oggi noti, di suscettibilità alla trombosi sono delle varianti geniche (mutazioni puntiformi ad un singolo nucleotide) che presentano una tale frequenza nella popolazione da essere considerate delle varianti polimorfiche. I geni in considerazione sono quelli relativi al fattore V di Leiden, al fattore II della coagulazione (protrombina) ed il gene MTHFR (metilentetraidrofolatoreduttasi).

Lo studio delle varianti geniche di questi tre geni è indicata in:

  • Soggetti con precedenti episodi di tromboembolismo venoso o trombosi arteriosa
  • Donne che intendono assumere contraccettivi orali
  • Donne con precedenti episodi di trombosi in gravidanza
  • Donne con poliabortività
  • Donne con precedente figlio con DTN (difetto tubo neurale)
  • Gestanti con IUGR, tromboflebite o trombosi placentare
  • Soggetti diabetici

Dal punto di vista della trasmissione genetica, la maggior parte dei difetti trombofilici si presenta in forma eterozigote e si trasmette con modalità autosomica dominante a penetranza incompleta. Le persone affette hanno una possibilità su due di trasmettere la predisposizione alla malattia ai figli, indipendentemente dal sesso. In gravidanza, una condizione genetica di eterozigosi o omozigosi per uno o più di questi geni è considerata predisponente all'aborto spontaneo.

F2 Protrombina G20210A, F5 Leiden G1691A/R506Q, MTHFR A1298C, MTHFR C677T

FATTORE V di LEIDEN
Il fattore V attivato è un cofattore essenziale per l'attivazione della protrombina (fattore II) a trombina. Il suo effetto pro-coagulante è normalmente inibito dalla Proteina C attivata che taglia il fattore V attivato in tre parti. Un sito di taglio è localizzato nell'aminoacido arginina alla posizione 506. Una mutazione del gene che codifica per il fattore V, a livello della tripletta nucleotidica che codifica per l'arginina in 506 (nucleotide 1691), con sostituzione di una G (guanina) con una A (adenina), comporta la sostituzione dell'arginina con un altro aminoacido, la glutammina che impedisce il taglio da parte della Proteina C attivata. Ne consegue una resistenza alla proteina C attivata (APC) nei test di laboratorio ed una maggiore attività pro-coagulante del fattore V attivato che predispone alla trombosi. Tale variante G1691A è definita variante di Leiden (località in cui fu scoperta), ed ha una frequenza genica dell’1,4-4,2% in Europa con una frequenza di portatori in eterozigosi in Italia pari al 2-3%, mentre l’omozigosità per tale mutazione ha un’incidenza di 1:5000. I soggetti eterozigoti hanno un rischio 8 volte superiore di sviluppare una trombosi venosa, mentre gli omozigoti hanno un rischio pari ad 80 volte. Tale evento trombotico è favorito in presenza di altre condizioni predisponenti quali la gravidanza, l'assunzione di contraccettivi orali (rischio aumentato di 30 volte negli eterozigoti e di alcune centinaia negli omozigoti), gli interventi chirurgici. In gravidanza una condizione genetica di eterozigosi per il Fattore Leiden è considerata predisponente all'aborto spontaneo, alla eclampsia, ai difetti placentari, alla Sindrome HELLP (emolisi, elevazione enzimi epatici, piastrinopenia).
Tali manifestazioni sarebbero legate a trombosi delle arterie spirali uterine con conseguente inadeguata perfusione placentare. I soggetti portatori di mutazione del Fattore V di Leiden dovrebbero pertanto sottoporsi a profilassi anticoagulativa in corso di gravidanza o in funzione di interventi chirurgici ed evitare l'assunzione di contraccettivi orali.

FATTORE II
La protrombina o fattore II della coagulazione svolge un ruolo fondamentale nella cascata coagulativa in quanto la sua attivazione in trombina porta alla trasformazione del fibrinogeno in fibrina e quindi alla formazione del coagulo. E’ stata descritta una variante genetica comune nella regione non trascritta al 3' del gene che è associata ad elevati livelli di protrombina funzionale nel plasma e conseguente aumentato rischio di trombosi, specie di tipo venosa. Trattasi di una sostituzione di una G (guanina) con una A (adenina) alla posizione 20210 (G20210A), una regione non trascritta del gene dalla parte del 3' che è sicuramente coinvolta nella regolazione genica post-trascrizionale, quale la stabilità dell'RNA messaggero o con una maggiore efficienza di trascrizione del messaggero stesso.
La frequenza genica della variante è bassa (1,0-1,5%) con una percentuale di eterozigoti del 2-3%. L'omozigosi è rara. Per gli eterozigoti c'è un rischio aumentato di 3 volte di sviluppare una trombosi venosa, di 5 volte per l'ictus ischemico, di 5 volte per infarto miocardico in donne giovani, di 1,5 volte per gli uomini, di 7 volte nei diabetici, di 10 volte per trombosi delle vene cerebrali e di 149 volte in donne che assumono contraccettivi orali.

MTHFR (METILENTETRAIDROFOLATOREDUTTASI)
La metilentetraidrofolatoreduttasi (MTHFR) è un enzima coinvolto nella trasformazione del 5-10 metilentetraidrofolato in 5 metiltetraidrofolato che serve come donatore di metili per la rimetilazione della omocisteina a metionina tramite l'intervento della vitamina B12. Rare mutazioni (trasmesse con modalità autosomica recessiva) possono causare la deficienza grave di MTHFR con attività enzimatica inferiore al 20% e comparsa di omocisteinemia ed omocistinuria e bassi livelli plasmatici di acido folico. La sintomatologia clinica è grave con ritardo dello sviluppo psico-motorio e massivi fenomeni trombotici.
Accanto alla deficienza grave di MTHFR è stato identificato un polimorfismo genetico comune, dovuto alla sostituzione di una C (citosina) in T (timina) al nucleotide 677 (C677T), che causa una sostituzione di una alanina in valina nella proteina finale ed una riduzione dell'attività enzimatica della MTHFR pari al 50%, fino al 30% in condizioni di esposizione al calore (variante termolabile).Tale variante comporta livelli elevati nel sangue di omocisteina specie dopo carico orale di metionina. La frequenza genica in Europa della mutazione è del 3-3,7% che comporta una condizione di eterozigosi in circa il 42-46% della popolazione e di omozigosi pari al 12-13%. Recentemente, una seconda mutazione del gene MTHFR (A1298C) è stata associata ad una ridotta attività enzimatica (circa il 60% singolarmente; circa il 40% se presente in associazione alla mutazione C677T).
Questa mutazione, in pazienti portatori della mutazione C677T, determina un aumento dei livelli ematici di omocisteina. Livelli aumentati di omocisteina nel sangue sono oggi considerati fattore di rischio per malattia vascolare, (trombosi arteriosa) forse attraverso un meccanismo mediato dai gruppi sulfidrilici sulla parete endoteliale dei vasi. Inoltre in condizioni di carenza alimentare di acido folico la variante termolabile della MTHFR porta a livelli molto bassi l'acido folico nel plasma ed è pertanto un fattore di rischio per i difetti del tubo neurale nelle donne in gravidanza. Condizioni di eterozigosi doppia, specie con la variante Leiden del fattore V o della variante 20210 della protrombina, possono aumentare il rischio relativo per il tromboembolismo venoso, già alto per la presenza dell'altra variante.

F2 Protrombina G20210A, F5 Cambridge R306T, F5 H1299R, F5 Leiden G1691A/R506Q, F5 Y1702C

ACE (Ins/Del), AGT M235T, APOB R3500Q, APOE (E2; E3; E4), F13A1 V34L, F2 Protrombina G20210A, F5 Cambridge R306T, F5 H1299R, F5 Leiden G1691A/R506Q, F5 Y1702C, FGB -455 G>A, ITGB3/HPA, MTHFR A1298C, MTHFR C677T, PAI-1

 

  • Fattore V Y1702C
  • Fattore V R2 H1299R
  • Fattore V Cambridge
  • Malattia di Von Willebrand
  • Beta Fibrinogeno FGB -455G-A
  • PAI-1 4G/5G
  • AGT M235T
  • ACE Ins/Del
  • HPA - Genotipizzazione
  • Fattore XIII V34L
  • Fattore VII - Principali Mutazioni
  • Fattore VII - 402 G>A
  • Fattore VII - 401 C>G
  • Fattore VII R353Q

Gli esami sono eseguiti in service presso il Laboratorio Eurofins GENOMA Group.